sabato, agosto 31, 2013

Relativamente alla relatività (parte 2)

L'ostacolo maggiore al progresso scientifico è stata la superbia dell'uomo: fino a quando filosofi e pensatori hanno immaginato di essere inevitabilmente il centro dell'universo e che, a causa della creazione divina tutto fosse stato concepito a loro uso, la verità sulla natura relativistica del mondo che ci circonda è rimasta celata per secoli. Solo le grandi menti rivoluzionarie, in avversione al pensiero dominante, sono riuscite a scardinare i preconcetti umano-centrici: Galileo, Newton ed Einstein sono solo gli esempi più eclatanti di queste eversioni.
Ripercorrendo la lunga strada che ci ha portato al progresso attuale, proverò a fare un brevissimo sunto delle tappe fondamentali.

1) Il principio di 'relatività del movimento' fu esposto da Galileo nel "Dialogo sui due massimi sistemi del mondo" dove viene messa in luce la possibilità di effettuare esperimenti in modo analogo in sistemi di riferimento inerziali diversi; in pratica non si può, effettuando qualsiasi prova, definire se ci si trovi su una piattaforma ferma od in movimento a velocità costante. Quindi la Terra potrebbe essere ferma rispetto all'universo oppure l'universo fermo rispetto alla Terra, ma ciò non avrebbe alcuna importanza in termini relativistici.

2) Il principio di invarianza di Newton approfondisce i temi galileiani e formalizza le trasformazioni da sistemi inerziali diversi; inoltre con la gravità si sancisce il fatto che ogni corpo attrae gli altri, cioè anche la mela che cade in modo impercettibile attira a se la Terra, e quindi, nello spazio, non ci sono punti gravitazionali privilegiati.

3) La relatività ristretta distrugge l'assioma newtoniano del tempo assoluto. Ogni corpo che viaggia a velocità costante, qualsiasi essa sia, deve vedere il raggio di luce muoversi alla velocità limite della luce stessa: la conclusione è che per mantenere invariata tale costante, lo spazio-tempo si deve poter dilatare e contrarre di conseguenza.


4) La relatività generale è la derivazione del principio di equivalenza: se un uomo non può distinguere il fatto di trovarsi all'interno di una cabina sparata verso l'alto con accelerazione 'g' oppure di essere nella stessa cabina ma fermo sulla terra sottoposto alla forza gravitazionale 'g', allora le due situazioni devono essere equivalenti:  in pratica non si può, effettuando qualsiasi prova, definire se ci si trovi sulla cabina sottoposta a gravità o quella sparata nel vuoto.  La conseguenza è che se un raggio di luce che attraversa la cabina accelerata entra da un punto per poi curvare all'interno della cabina ed uscire da un punto più in basso (a causa del moto in direzione della accelerazione), allora anche l'osservatore nella cabina ferma ma sottoposta al campo gravitazionale dovrà osservare il raggio di luce curvarsi (lo spazio è curvo in prossimità dei campi gravitazionali).